2009 / 2012
“Senza fini di Lu” è un progetto che ha come meta quella di recuperare materiali considerati di scarto, spesso fragili e deperibili, per trasformarli in accessori che possono essere indossati.
È un lavoro che non nasce con intenzionalità, ma dalla necessità del “fare”, un lavoro inevitabile, quasi un impulso primordiale, come un animale che istintivamente costruisce la propria tana con quello che trova, vagando nel mondo recuperando minuzie che delicatamente tornano a nuova vita adornando luoghi, case e persone.
Testo critico di Alessandra De Medici, maggio 2011
Come il bozzolo di filo di seta che il baco avvolge intorno a sè, come le ragnatele architetture volanti, come i nidi degli uccelli tessitori simili a cuori trombe o bisacce e i sapienti termitai, per non parlare dell’invenzione delle conchiglie o del ricco catalogo dei gusci, di semi di frutti di piccoli animali, e i rami di corallo e le stalattiti infinitamente pazienti…: il fare di Lu appartiene a questo tipo di fare, affonda nell’organico e nei regni della natura da cui assume processi come suggestioni, ma selezionando secondo i codici di una grazia ora esile e rarefatta -direi fatata- ora più intricata, incline a esalazioni inaspettatamente penetranti, talora appena intinta nel veleno… L’Immaginario viene gentilmente ricondotto nell’ambito dei regni naturali (ai quali, probabilmente, davvero appartiene) con essi mescolandosi e scambiando modelli e strategie (ma non è che anche i frattali hanno qualcosa da dire?) e i regni naturali s’immergono nell’Immaginario rinnovando la loro perduta magia. Grazie a materiali considerati di scarto prelevati dalla dimensione contingente, materiali apparentemente privi di qualsiasi evidente attrattiva o di una vocazione estetica, materiali spesso anche fragili e tendenzialmente effimeri come tovaglioli di carta intinti nel tè, capelli, radici, garza, bustine di tè, cartone ondulato, puntine della graffatrice usata, piccoli pani impastati e infornati ad hoc, calamite, occhielli d’ottone, il cuoio di una vecchia scarpa: solo l’elenco irradia una poesia tanto involontaria quanto sorgiva… Ma, in più, la delicatezza impalpabile con cui Lu li elabora e li trasforma, degna di un’alta tradizione artigiana, ingenera il sospetto che questi materiali, così poveri e marginali su questo piano di realtà, rifulgano, se osservati su un piano ulteriore, della luce e dei riflessi di metalli e cristalli preziosi, siano merletti sete e broccati ma di un regno in cui la materia è più trasfigurata.
A Lu non piace la parola arte riferita ai suoi lavori -figuriamoci poi la parola artista riferita a lei- e non può che essere così visto la natura del suo fare -è un artista un baco?-, sarebbe come dare del tipo bizzarro e pretenzioso a chi non fa altro che fare quello che deve, esattamente come lo deve fare, perchè non può fare diversamente: è il suo unico e possibile modo di vivere e quel fare è inevitabile, una necessità biologica e ontologica insieme, non culturale, non davvero una scelta frutto della volontà.
Mi sarebbe piaciuto trovare per Lu un nome che potesse sostituire ad artista per dire di sè come creatrice di quelli che lei chiama accessori -perchè, meraviglia delle meraviglie i suoi lavori sono concepiti per essere adagiati sul corpo (o per incantarlo?)- e da quando questo pensiero mi ha attraversato ho vagabondato per un po’ tra i significati del termine greco kosmos (in cosmesi ma anche cosmologia: bellezza appartenente alla natura del mondo): cosmista sembrava un termine promettente ma, forse, per un baco da seta, ancora pretenzioso. Dopodiché ho realizzato che bastava togliere una emme per trovarsi pronta una parola bellissima e molto adatta: Lu è una cosista, e molto esperta.
Luglio 2012
Filo di carta Paperphine lavorato all’uncinetto
Febbraio 2012
Calamita, graffette usate
Agosto 2011
Cellulosa di carta, colla vinilica
Luglio 2011
Carta tinta nel tè, colla vinilica, laccetto di cuoio
Maggio 2011
Calamite, graffette usate
Maggio 2011
Radici
Febbraio 2011
Radici
Settembre 2010
Carta tinta nel tè
Luglio 2010
Carta tinta nel tè
Maggio 2010
Pane, spago
Aprile 2010
Carta, acrilici
Marzo 2010
Cartone ondulato, filo di nylon
Febbraio 2010
Bussolotti del tè, ganci metallici
Gennaio 2010
Foglie, garza, colla vinilica
Gennaio 2010
Tovaglioli di carta tinti nel tè, occhielli di ottone
Dicembre 2009
Tovaglioli di carta tinti nel tè
Ottobre 2009
Cuoio recuperato da una vecchia scarpa
Maggio 2011 – “Per Non Morire /Far emergere”
Spazio STARC – Brescia
Progetto Carmine per l’arte
Ottobre 2011 – “Per Non Morire /Esperienza”
Piccolo Teatro Libero – Sanpolino – Brescia
Maggio 2012 – “Per Monica: doni”
Brescia